Trapianto di staminali per curare il diabete

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La scienza medica sta puntando sempre più alla prevenzione e alla riparazione del difetto all’origine della malattia, secondo una nuova filosofia orientata a intervenire più a monte del processo patogenetico rispetto che sugli effetti finali con dispositivi o cure rivolti ad attenuare più che a curare definitivamente una patologia, come nel caso del diabete. Conferme dell’efficacia della prevenzione nel diabete arrivano anche da studi americani e svedesi che fanno auspicare “una maggiore attenzione al tema da parte dei governi”, per una malattia altamente invalidante, dai forti costi sociali e che nel 2030 avrà  300 milioni di malati. Il traguardo successivo su cui puntano le grandi aziende farmaceutiche del settore non sono più le ricerche in campo tecnologico-strumentale, ma sullo sfruttamento di cellule e tessuti ingegnerizzati per dare e/o stimolare direttamente l’organismo ad autoripararsi in modo da eliminare il “problema” alla fonte. Parlando di cellule e di bioingegneria cellulare non possono non venir subito alla mente le cellule staminali, considerate dalla comunità  scientifica come grande strumento o mezzo con cui interagire positivamente con i tessuti umani in modo efficace e totalmente biocompatibile. Nel 2007 in un piccolo trial clinico eseguito nel Sud America, apparso sul Journal of the American Medical Association (vol 297, p 1568), è stata eseguita una procedura simile a un trapianto di midollo osseo, ma che sarebbe in grado di curare il diabete di tipo 1. La procedura messa a punto dal team è consistita nell’estrarre direttamente dal sangue dal paziente le cellule staminali ematopoietiche e di distruggerne il sistema immunitario per poi reinfonderle nel corpo e spingerle a sviluppare un nuovo sistema immunitario. ”¨”¨Nel trial, il sistema immunitario sembra essere stato resettato o rieducato, e dopo la procedura, i sintomi del diabete sono scomparsi.”¨Julio Voltarelli dell’Università  di Sao Paulo del Brasile e i suoi colleghi hanno coinvolto 15 pazienti, tra i 14 e i 31 anni di età , che erano stati neodiagnosticati. Tra il 60% e l’80% delle cellule produttrici insulina dei pazienti risultavano distrutte al momento della diagnosi, e tutti richiedevano insulina esogena. ”¨”¨ I ricercatori hanno prelevato con un ago le cellule staminali del midollo osseo dei volontari, hanno loro dato medicinali come il Cytoxan per “cancellare” il sistema immunitario e contemporaneamente sono stati trattati con antibiotici e tenuti in isolamento per evitare l’insorgere di infezioni causate proprio dalla deficienza del sistema immunitario. Dopo due settimane di coltura le cellule staminali “pronte” sono state iniettate attraverso la vena giugulare, ristabilendo il loro sistema immunitario. ”¨”¨ Dei 15 pazienti, 12 non hanno più avuto bisogno di insulina per circa tre anni in un caso, 2 anni in quattro casi e molti mesi per gli altri.”¨Un paziente ha assunto insulina per un anno, prima di diventare insulinoindipendente, e lo è rimasto a tuttora. Mediamente quindi il periodo di indipendenza dall’insulina è di 18 mesi. ”¨”¨Esattamente perchè alcuni pazienti abbiano risposto al trattamento e uno no resta un mistero, ma potrebbe essere dovuto a differenze genetiche o alla gravità  dell’attacco autoimmune, come suggerito dallo stesso Voltarelli. ”¨ L’efficacia della procedura al momento sarebbe limitata nel tempo e soprattutto porta con sé elevati rischi legati al silenziamento del sistema immunitario. Infatti, durante il trial, un paziente ha sviluppato una polmonite, causata dagli immunosoppressori utilizzati nella procedura, due hanno sviluppato complicazioni, disfunzione tiroidea e menopausa precoce, ma non è chiaro se queste siano collegabili al trapianto di cellule staminali. ”¨”¨Complessivamente l’esperimento ha riportato comunque degli aspetti positivi: principalmente si è osservato che il sistema immunitario delle persone con il diabete tipo 1 può essere resettato o rieducato, almeno per un certo periodo grazie alla rigenerazione della cellule beta per ridurre o persino eliminare il loro bisogno di insulina esogena. Un appunto negativo arriva da Jay Skyler, che dirige il Diabetes Research Institute della University of Miami in Florida (USA), invita alla cautela, in quanto il trial non comprendeva un gruppo di controllo. Skyler aggiunge che molte persone hanno una remissione dei sintomi subito dopo essere stati diagnosticati e l’aumento della produzione di insulina rilevato tra i partecipanti allo studio potrebbe essere collegato a quello che viene chiamato in gergo “luna di miele” (l’inizio della terapia insulinica in alcuni casi dà  l’illusione che la malattia sia guarita). ”¨ Le ricerche sull’impiego di staminali e sulla “rieducazione” del sistema immunitario continuano con grosso fervore e speranze da parte della comunità  scientifica e soprattutto da chi prova quotidianamente sulla propria pelle i sintomi del diabete, in quanto si è da poco dimostrata la presenza di un virus nello sviluppo del diabete di tipo 1. L’Università  di Siena e Pisa, in collaborazione con la Novartis Vaccines, hanno recentemente dimostrato l’incidenza di un virus, il Coxsackie B4, che attacca il pancreas portando alle conseguenze ben note. Gli antigeni del virus Coxsackie B4 reagiscono con gli antigeni simili presenti sulle cellule beta delle Isole di Langerhans (agglomerati di cellule sferici situati nel pancreas) inducendo una risposta autoimmune da parte delle cellule NK (“Natural Killer”, cellule del sistema immunitario “nate per uccidere” le cellule infette), che porta così all’errata eliminazione delle beta cellule, con conseguente deficit di insulina. [via springerlink, pnas | foto University of Wisconsin-Madison]

Publicato: 2008-05-18Da: Bio Blog

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