Test per la diagnosi di infezioni nelle protesi

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Un nuovo test, sviluppato presso il National Institute of Arthritis and Musculoskeletal and Skin Diseases (NIAMS), potrà  presto aiutare i chirurghi per diagnosticare la presenza di infezioni causate da batteri introdotti durante l’intervento chirurgico per l’inserimento di protesi. Il test messo a punto è in grado di discriminare i pazienti che effettivamente hanno bisogno di un secondo intervento chirurgico, reso inevitabile dalla presenza di batteri, durante il quale viene rimossa la protesi contaminata e, dopo aver “pulito” la zona circostante, si inseriscono riempitivi e antibiotici. Infine, salvo ulteriori complicazioni, si impianta una nuova protesi. Il problema dell’approccio attuale è che il medico decide di sostituire la protesi basandosi il più delle volte sulla propria esperienza, senza una scienza precisa in merito. Il metodo consiste nel prelevare e in seguito coltivare un campione di liquido articolare (o sinoviale), se la risposta è positiva si interviene chirurgicamente, mentre nel caso in cui sia negativo non necessariamente ci può essere la certezza di assenza di batteri nel sito. Si stima infatti che in questo tipo di coltura ci sia dal 27 al 50% di falsi negativi. D’altra parte se è in atto una infezione e non si interviene tempestivamente rimuovendo la protesi, può rendersi necessaria l’amputazione dell’arto. Per evitare tutti questi problemi il professor Tuan e i suoi colleghi hanno sviluppato un test basato su reazioni a catena di polimerasi (PCR, polymerase chain reaction) che identifica la presenza di DNA batterico. Per evitare la presenza di falsi positivi (dovuti essenzialmente alla rilevazione di DNA proveniente anche da batteri morti) viene preso in esame l’acido ribonucleico dell’mRNA convertito in un processo, denominato trascrizione inversa (reverse transcription) RT-PCR, per ottenere DNA pronto per essere misurato. Attualmente il gruppo di ricerca sta valutando l’efficacia del test su 50 pazienti volontari per verificare la presenza di batteri nei sei mesi successivi all’intervento chirurgico. [maggiori informazioni]

Publicato: 2008-03-11Da: Marketing

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