Prozac per “vedere” meglio la depressione

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Il prozac, farmaco antidepressivo largamente usato nel trattamento di disturbi psichici, sarebbe in grado di ringiovanire, secondo un processo neurotrofico, il cervello adulto, al punto da permettere il recupero di una visione normale in ratti ambliopi. Questo è quanto ha dimostrato il gruppo di neurobiologia del CNR di Pisa. Prozac è il nome commerciale della fluoxetina cloridrato, comunemente chiamata fluoxetina. Viene largamente impiegato nel trattamento della depressione, dei disturbi ossessivo-compulsivi e degli attacchi di panico. Appartiene alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e agisce incrementando nel cervello i livelli di serotonina, che è uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso. Come questa azione a livello dei circuiti nervosi si traduca poi nella documentata efficacia terapeutica di questo farmaco è di dibattito sempre vivo. Gli esperimenti pubblicati sulla rivista Science hanno dimostrato che l’assunzione di prozac è in grado di stimolare la plasticità  del cervello, ossia la capacità  delle connessioni nervose di modificarsi in risposta agli stimoli ambientali esterni. L’esperimento si è svolto a livello del sistema visivo, usando come indice di plasticità  la restituzione di una normale visione in ratti adulti ambliopi. L’ambliopia, è una patologia molto diffusa nell’uomo, causata da uno sbilanciamento dell’attività  dei due occhi che insorge in età  giovanile, per esempio a seguito di opacizzazioni della cornea, strabismo, cataratta congenita. Se non precocemente diagnosticata e trattata, determina una forte riduzione delle capacità  visive non più curabile in età  adulta. Gli esperimenti condotti dagli studiosi hanno dimostrato che curare l’ambliopia nell’adulto è invece possibile. In particolare, ratti resi ambliopi in giovane età  per occlusione di un occhio riacquistano, da adulti, una normale visione se sottoposti a trattamento cronico per quattro settimane con fluoxetina. La sorprendente capacità  della fluoxetina di stimolare la plasticità  dei neuroni della corteccia visiva è dovuta all’azione su due principali fattori molecolari. Da una parte, determina nei ratti la riduzione dei livelli del neurotrasmettitore inibitorio GABA, un fattore molecolare necessario al corretto funzionamento dei centri nervosi, ma ritenuto responsabile anche della perdita di plasticità  che si verifica nel cervello adulto. Dall’altra, la riduzione dell’inibizione intracorticale si accompagna all’aumento dei livelli di una neurotrofina, il BDNF, che promuove in modo diretto quei cambiamenti strutturali e funzionali dei circuiti corticali necessari per la visione. Questi risultati contribuiscono a chiarire i meccanismi attraverso cui si attua l’azione degli antidepressivi, ma suggeriscono quali alterazioni cellulari e molecolari potrebbero essere alla base di una patologia ampiamente diffusa come la depressione, la cui esatta eziologia è ancora poco conosciuta. Inoltre, i risultati di questa ricerca aprono la strada verso nuove possibili applicazioni della fluoxetina in patologie diverse da quelle legate al trattamento di patologie comuni nell’invecchiamento cerebrale, come la malattia di Alzheimer, ed altre sindromi in cui un’eccessiva inibizione intracorticale si ritiene alla base del cattivo funzionamento dei circuiti nervosi. Al momento non è noto se gli effetti del prozac sulla plasticità  cerebrale documentati nel ratto siano ottenibili anche nell’uomo, il cui sistema nervoso è molto più complesso. I ricercatori stanno pianificando nuovi esperimenti per chiarire questo punto essenziale all’applicazione. [via CNR]

Publicato: 2008-04-21Da: Bio Blog

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