Scoperti due nuovi geni che hanno un ruolo di particolare importanza nella genesi della malattia di Alzheimer. La ricerca, frutto di una collaborazione europea sulla malattia di Alzheimer, ha dimostrato che particolari varianti dei geni CLU (o APOJ) e CR1 sono associate in modo significativo alla malattia. Lo studio e’ presentato sull’ultimo numero della prestigiosa rivista “Nature Genetics” (‘Uno studio genetico di associazione identifica varianti nei geni CLU e CR1 associati con la malattia di Alzheimer’). All’interno del team coordinato da Philippe Amouyel, dell’Institut Pasteur di Lille (Francia), un ruolo di rilievo e’ stato svolto da alcuni neuroscienziati italiani che fanno parte del Consorzio Europeo della malattia di Alzheimer, fra i quali Benedetta Nacmias, ricercatore in Neurologia alla Facolta’ di Medicina e chirurgia dell’Universita’ di Firenze, e Sandro Sorbi, ordinario di Neurologia alla facolta’ di Medicina e chirurgia dell’Universita’ di Firenze, che tramite lo studio di pazienti con malattia di Alzheimer hanno contribuito all’individuazione dei due geni coinvolti nella suscettibilita’ alla malattia. La strategia di studio a livello europeo ha comportato una profonda analisi delle varianti genetiche piu’ promettenti su un vasto campione di pazienti provenienti da Francia, Italia, Belgio e Spagna. Dopo le due fasi di studio, la prima di tipizzazione e la seconda di replicazione, 4 varianti genetiche hanno dato risultati statisticamente significativi: tre varianti a livello del gene CLU, sul cromosoma 8, e una sul gene CR1, sul cromosoma 1. La malattia di Alzheimer è un processo neurodegenerativo che provoca un declino globale delle funzioni della memoria e di quelle intellettive, associato a un deterioramento della personalita’ e della vita di relazione. La malattia e’ causata sia da fattori genetici che ambientali che favoriscono la progressiva deposizione all’interno del cervello di una particolare proteina, denominata beta-amiloide, con conseguenze tossiche sui neuroni. “Diversi geni influenzano in modo negativo il metabolismo della proteina beta-amiloide, che deriva da un’altra proteina piu’ lunga, la Amyloid Precursor Protein (APP), composta da vari frammenti proteici. Alcuni di questi frammenti svolgono un effetto protettivo sui neuroni, altri – spiega Benedetta Nacmias – sono particolarmente tossici e si accumulano all’interno del cervello dei pazienti Alzheimer nelle cosiddette “placche senili”. I geni CLU e CR1 insieme al gene dell’apolipoproteina E (APOE) sono coinvolti nella rimozione del peptide beta amiloide e pertanto sono geni coinvolti nella malattia di Alzheimer”. “Questi risultati – sottolinea Nacmias – portano a un progresso nella comprensione dei meccanismi patogenetici della malattia di Alzheimer nel suo complesso, fornendo importanti implicazioni anche per lo sviluppo di strategie preventive e terapeutiche”. La malattia di Alzheimer colpisce in modo conclamato circa il 5% delle persone oltre i 60 anni. In Italia si stimano circa 600.000 ammalati.
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