La rivincita del cellulare

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Tag: #alzheimer #cellulare #Onde elettromagnetiche #Prevenzione #telefono
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Da tempo si parla degli effetti nocivi delle radiazioni legate all’uso del cellulare, ma finalmente per tutti gli amanti delle lunghe chiacchierate arriva una buona notizia. Secondo uno studio condotto alla University of South Florida e pubblicato sul Journal of Alzheiner’s Disease, l’esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche del cellulare potenzierebbe la memoria e proteggerebbe dal morbo di Alzheimer. Lo studio è stato condotto sui roditori: per due ore al giorno per 7-9 mesi, un gruppo di topolini è stato sottoposto a onde elettromagnetiche ad alta frequenza identiche a quelle emesse dai cellulari mentre li usiamo. Parte dei topolini erano destinati ad ammalarsi di demenza senile, parte erano già  malati, altri erano sani. Le onde del telefonino hanno impedito che i topolini predisposti all’Alzheimer si ammalassero, hanno migliorato la memoria di quelli già  malati e hanno potenziato la memoria di quelli normali. Il morbo di Alzheimer viene  catalogato tra le demenze essendo un deterioramento cognitivo cronico progressivo. Ha un esordio prevalentemente senile (oltre i 60 anni) e prognosi infausta. La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, ad esempio ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno,  e della memoria prospettica che riguarda l’organizzazione del futuro prossimo, come ricordarsi di andare a un appuntamento; poi man mano il deficit aumenta e la perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda , riguardante fatti della propria vita o eventi pubblici del passato, e la memoria semantica (le conoscenze acquisite), mentre la memoria procedurale (che riguarda l’esecuzione automatica di azioni) viene relativamente risparmiata. Col progredire della malattia le persone non solo presentano deficit di memoria, ma risultano deficitarie nelle funzioni strumentali mediate dalla corteccia associativa e possono pertanto presentare afasia e aprassia, fino a presentare disturbi neurologici e poi internistici. Pertanto i pazienti necessitano di continua assistenza personale. Una persona colpita dal morbo può vivere anche una decina di anni dopo la diagnosi conclamata di malattia. Tuttavia una diagnosi certa di morbo di Alzheimer si ha solo con l’esame autoptico. In Italia soffrono di Alzheimer circa 800 mila persone, nel mondo 26,6 milioni secondo uno studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, USA, con una netta prevalenza di donne.

Publicato: 2010-01-11Da: Marketing

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