Raccontano che vedere qualcosa di più piccolo sia oggi “materialmente” impossibile. Il primo esemplare al mondo di nanoscopio ottico promette di mostrare “dal vivo” particelle fino a 7,6 nanometri, come microcellule e neuroni. Per capire il seguito, infatti, bisogna sapere che un nanometro corrisponde alla miliardesima parte di un metro e che le macchine più sofisticate al mondo si “fermano” attualmente a 300 nanometri. Un oggetto che potrebbe pensionare definitivamente i vecchi microscopi ma anche i nuovi nanoscopi, sfruttando al meglio la potenza del laser di luce, più efficace e meno invasivo delle altre tecniche. Nello stile minimalista che contraddistingue una delle eccellenze italiane quale è appunto l’Iit, l’evento viene vissuto senza particolare enfasi. Il nanoscopio a luce continua sfrutta la forza del laser rispetto alla più classica e meno potente luce pulsata ed è stato realizzato dal colosso mondiale del settore Leica Microsystems, frutto della lunga collaborazione con il dipartimento di Neuroscienze e Neurotecnologie diretto da Fabio Benfenati. L’applicazione del nanoscopio ottico è potenzialmente immensa, visto che la macchina può lavorare su organismi viventi e che la sua capacità di arrivare così nel profondo del corpo fa intravedere scenari inediti nella cura delle malattie. Si potrebbe quindi aprire una pagina nuova nella comprensione dei meccanismi che causano malattie degenerative, siano esse neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, od oncologiche, come i tumori. Al tempo stesso diventa quindi meno complesso valutare a livello molecolare l’effetto di farmaci o terapie curative ed eventualmente realizzare diagnosi precoci. «Bisogna però essere molto cauti in questo campo – precisa subito il direttore dell’unità di Nanofisica del dipartimento di Nanotecnologie Alberto Diaspro – È un fatto però che le applicazioni derivati da questo nanoscopio possono rivelarsi utili in un’indagine pre-neoplastica o nello studio dei processi degenerativi, come nella ricerca di nuovi farmaci, visto che si può vedere ancor più da vicino l’azione del “messaggero” che viene inviato nel corpo». Più sollecito a sottolineare la “storicità ” del momento è il responsabile per l’Europa di Leica Microsystems, Didier Goore, che con la contemporanea consegna del centesimo microscopio confocale in Italia parla di “strumento pioneristico” per questo «microscopio che usa la luce e penetra nel vivo». Uno strumento oggi disponibile per tutti, anche se è ovvio che «con una Ferrari non ci si va certo a prendere il giornale», come volgarizza per rendere più chiaro il concetto Diaspro. «Già il microscopio a fluorescenza consentiva di intervenire dal vivo – chiude Benfenati – Ma il risultato visivo era poco nitido. Con quello confocale, che sfrutta cioè un piano focale, il risultato è migliorato fino al punto massimo consentito. Esisteva infatti un limite di risoluzione che non poteva essere superato. La svolta arriva adesso con il nanoscopio ottico Sted, a luce continua, che uccide la fluorescenza e consente di restringere fino ad alcune decine di nanometri la risoluzione».
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