Il gruppo di ricercatori coordinati dal Dottor Greene ha evidenziato delle affinità particolari tra l’Apobec3 e la produzione di anticorpi antivirali. La gran parte dei retrovirus con l’ausilio di un gene particolare,Vif, inibisce l’attività dell’Apobec3, in tal modo l’organismo non riesce a produrre anticorpi che possano neutralizzare il virus, arginare l’infezione e poi guarirla. Tra i retrovirus si trova il temutissimo HIV. La ricerca si è sviluppata studiando il DNA fossile, o per meglio dire il DNA dei primati, che in alcuni casi sembrano essere sopravvissuti ad alcune infezioni, creando anticorpi ancora sconosciuti che hanno immunizzato l’uomo nella linea evolutiva. Nel DNA di questi primati, scimpazee in particolare, sono rimaste delle tracce sconosciute che sarebbero resposabili della guarigione. Allo stesso modo sarebbero rimasti quiescenti dei retrovirus che però non sarebbero riusciti ad infettare l’animale, solo a renderlo portatore sano. La coltivazione in laboratorio di alcuni retrovirus, per l’appunto non presenti nell’uomo, ha permesso di evidenziare il ruolo della proteina Apobec3 che avrebbe prodotto sistemi di difesa specifica. Si pensa che la stessa proteina potrebbe immunizzare l’uomo dall’infezione da HIV, gli studi sono ancora in corpo, ma procedendo in questa direzione sarebbe possibile sperimentare un vaccino contro L’AIDS. D’altra parte si gioca molto sul fatto che alcuni individui (umani) costantemente esposti all’HIV, hanno sviluppato una resistenza particolare al virus che non è riuscito ad infettarli. Proprio in questi individui è probabile che si sia attivata questa proteina.
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