In alternativa ai farmaci per il cancro usati fino ad oggi, che colpiscono indiscriminatamente sia le cellule sane sia le cellule malate, un gruppo di ricercatori australiani ha messo appunto delle nanoparticelle per somministrare gli agenti terapeutici esclusivamente alle cellule cancerose. La nuova tecnica, sperimentata sui topi e pubblicata sulla rivista Nature Biotechnology, sfrutta delle nanoparticelle, o minicellule, ricavate da batteri da cui è stato rimosso il materiale genetico. Il lato molto interessante del lavoro, come spiega Jennifer MacDiarmid, coautrice dello studio, è che “le minicellule – EDV (EnGeneIC Delivery Vehicle) – operano come cavalli di Troia: arrivano alle porte delle cellule malate e viene sempre permesso loro di entrare”. Le EDV funzionano in questo modo: prima di tutto penetrano nelle cellule cancerose dove causano la perdita dell’acido ribonucleico (RNA). Questa molecola normalmente trasporta l’informazione genetica del DNA dal nucleo cellulare al citoplasma, dove poi, insieme a particolari organelli cellulari, i ribosomi, determina la sintesi delle proteine. Perdendo l’RNA le cellule malate sono disarmate, non posso più produrre proteine e sono suscettibili alla chemioterapia. Questa fase è molto importante perchè permette di eliminare tutti gli sgradevoli casi di resistenza ai farmaci che spesso nella terapia tumorale si presentano. Successivamente, circa una settimana dopo, le minicellule, caricate con farmaci anticancro, entrano nelle cellule cancerose e le uccidono. Fino ad ora la sperimentazione dell’EDV è stata effettuata solo nei topi, ma ben presto al Cancer Centre del Royal Melbourne Hospital con la collaborazione di scienziati dell’università di Melbourne inizieranno le sperimentazioni umane su pazienti di tumori solidi alla testa, al collo, ai polmoni, fegato e colon.
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