Nel 1947, un biochimico italiano, Pavese, aveva dimostrato che le cellule tumorali coltivate in laboratorio sopravvivono meno delle cellule normali quando si aumenta la loro temperatura. Esattamente tra i 42-43°C, abbiamo il picco del numero di cellule tumorali morte. Quindi, per terapia ipertermica o ipertermia si intende il riscaldamento controllato di tessuti biologici a temperature superiori a quella fisiologica, al fine di produrre un effetto citotossico diretto e di inibire la proliferazione di cellule tumorali, agendo nella sintesi del DNA e quindi attiva particolarmente in fase di mitosi. Le tecniche ovviamente sono molte e diverse tra loro, dipende dal tipo di tumore perché non tutte agiscono e funzionano nello stesso modo. Tra queste la più diffusa è quella che utilizza campi elettromagnetici. Attualmente si usa la frequenza di 13,56 MHz, che permette di ottenere un riscaldamento in profondità dei tessuti trattati in modo non invasivo e perché gli effetti collaterali sono praticamente vicini allo zero, per quanto ci sia un margine di rischio come in tutte le cose. Per avere informazioni esiste l’Associazione Europea di Ipertermia (Assie) da contattare.
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