Staminali contro l’amputazione

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L’Università  Cattolica di Campobasso è tra i primi Centri in Europa (si stima siano 4 o 5 in tutto) a eseguire un trattamento estremamente innovativo utilizzando le cellule staminali per evitare a una paziente l’amputazione dell’arto. L’intervento è stato eseguito alla Cattolica di Campobasso, frutto di un protocollo di studio innovativo e che oggi ha portato ad un risultato straordinario: attraverso l’utilizzo delle cellule staminali potrebbe essere evitata l’amputazione di un arto ad un paziente. L’intervento è perfettamente riuscito dal punto di vista tecnico e la paziente sta bene, ma occorrerà  attendere del tempo per capire se l’amputazione potrà  essere effettivamente evitata. Quello che è successo a Campobasso “farà  scuola” a tutti gli operatori del settore e presto potrebbe rivoluzionare il modo di curare patologie gravi come l’ischemia critica che spesso ha come conseguenza l’amputazione di alcuni arti inferiori. Il condizionale è d’obbligo, ma le prospettive di successo sono ottime; il modo di curare i pazienti affetti da patologie cardiovascolari grazie al lavoro della Cattolica potrebbe notevolmente migliorare, nei prossimi giorni verranno resi noti i risultati definitivi. La tecnica applicata prevede l’utilizzo delle cellule staminali autologhe, della stessa paziente, che le sono state prelevate dalla cresta iliaca e subito dopo, nella stessa seduta operatoria, le sono state iniettate nei tessuti della gamba dove non arrivava sangue a sufficienza. Fino a ieri non ci sarebbero state alternative all’amputazione, oggi questa paziente e tanti altri che verranno dopo di lei, potrebbero continuare a vivere normalmente senza le forti limitazioni che la mutilazione comporta. Questa tecnica verrà  adottata dopo che le cure “tradizionali”, chirurgia endovascolare ecc, non sono riuscite a risolvere il problema. Ma il progetto di studio non si ferma qui, presto le cellule staminali verranno iniettate anche ai pazienti colpiti da infarto miocardico per ristabilire la funzione vitale nelle zone “morte” del cuore compromesse dalla patologia. In sostanza anche se si è sopravvissuti ad un infarto, comunque alcune parti del cuore non sono più attive, questo comporta una riduzione della funzionalità  del cuore e un accorciamento della vita; utilizzando le cellule staminali sarà  possibile “riattivare le zone morte” ed allungare la vita al paziente. Uno studio eseguito con estrema dedizione e professionalità  dall’équipe del professor Francesco Alessandrini, Direttore del Dipartimento di Malattie Cardiovascolari della Cattolica di Campobasso con la collaborazione dell’Unità  Operativa di Onco-ematologia, diretta dal prof. Sergio Storti, del Dipartimento Immagini, diretto dalla professoressa Sallustiio, del dipartimento “Laboratorio Analisi” diretto dal professor Zappacosta e del Dipartimento di Anestesia e Terapia intensiva, diretto dal professor Marco Rossi. Un lavoro di squadra tra i vari settori dello stesso presidio che insieme lavorano per garantire le migliori cure possibili.”¨Un attività  di ricerca che non si ferma nei laboratori, ma va a beneficio diretto per i pazienti che non avevano altre possibilità  di cura. Un lavoro silenzioso che oggi porta ad un risultato concreto donando speranza a chi l’aveva persa.

Publicato: 2008-09-25Da: Marketing

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